Il Tribunale di Milano (Ufficio del GIP, sentenza 16 luglio 2020) fornisce la propria interpretazione in merito alla configurabilità di un autonomo centro di imputazione di rapporti giuridici (rispetto alla persona fisica) quale presupposto indispensabile per l’esistenza della responsabilità amministrativa dell’ente.
La vicenda trae origine da un processo penale a carico dell’amministratore di una società a responsabilità limitata.
Il Tribunale dapprima rileva in fatto che tra la società, sostanzialmente unipersonale, e la persona fisica che per essa agiva non vi era alcuna reale distinzione sul piano dell’imputazione dei rapporto giuridici. Vi era quindi una confusione tra persona giuridica e persona fisica tale da non consentire una reale distinzione tra separati e distinti interessi giuridici.
Il GIP, pur dando atto dell’esistenza dell’orientamento giurisprudenziale che ritiene applicabile il D.Lgs. 231/2001 all’ente per il solo fatto che esso esista sul piano meramente formale, ha ritenuto di aderire all’orientamento, invero sostanziale, secondo il quale il Decreto non trova applicazione quando la struttura della persona giuridica non possa essere distinta da quella fisica.
In tal caso, infatti, non ricorre il presupposto fondamentale su cui poggia l’intera struttura delle norme volte a regolare la responsabilità dell’ente giuridico (Cassazione penale, Sez. 6, n. 30085 del 16/05/2012)
In sostanza, laddove non si riesca a rinvenire un ente che costituisca un centro autonomo di imputazione di rapporti giuridici tale da distinguersi dagli interessi della persona fisica che per conto di esso agisce, l’ente andrà esente da responsabilità.
A difesa dell’ente, laddove ne ricorrano i presupposti, potrà quindi sostenersi che esso, in relazione al reato presupposto fondante la responsabilità amministrativa della persona giuridica, non era necessario e infungibile e, quindi, non è meritevole di essere sanzionato.