Modello 231 non adeguato: cosa significa?

da | 23 Giu 2020 | News

Una recente sentenza della Cassazione penale (22/01/2020, n. 13575) offre uno spunto di riflessione sul contenuto del Modello 231 2001 per poter essere considerato idoneo a prevenire la commissione di reati presupposto.

La Cassazione afferma che in materia di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica, il vantaggio di cui all’art. 5, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, operante quale criterio di imputazione oggettiva della responsabilità, può consistere anche nella velocizzazione degli interventi manutentivi che sia tale da incidere sui tempi di lavorazione.

Bene, il presupposto della condanna è chiaro: il vantaggio per l’Ente non organizzato può consistere nella velocizzazione dell’attività produttiva a scapito della sicurezza.

Ma cosa si intende per Modello 231 inadeguato?

La lettura della sentenza non fornisce una risposta chiara. Al contrario, genera confusione e pericolose interpretazioni.

Da un lato, infatti, si afferma che la Società colpita da imputazione 231 sia stata condannata per “l’adozione di un modello organizzativo insufficiente rispetto alle finalità di prevenzione e protezione contro i rischi derivanti dalla rimozione della plastica da un macchinario”.

La colpa organizzativa dell’Ente risiedeva, secondo il capo d’imputazione, nell’omessa adeguata previsione di un modello organizzativo idoneo, nel quale rientra anche la mancata formazione dei dipendenti: “l’omessa adeguata formazione dei lavoratori, l’assenza della scheda – stampo, l’omessa indicazione nel DVR dei rischi e delle modalità per farvi fronte”.

La lettura della sentenza offre quindi lo spunto per una riflessione: il Modello non prevedeva, tra i protocolli di comportamento la valutazione dei rischi e lo svolgimento di attività di formazione dei dipendenti?

Oppure, in alternativa e secondo il tenore letterale della sentenza, la Società è stata condannata in quanto la valutazione del rischio – pur prevista dal Modello come attività da svolgere – non era adeguata e il corso di formazione non era idoneo?

Cosa deve fare l’OdV?

La risposta al quesito non è di poco conto, soprattutto con riferimento all’attività svolta dall’Organismo di Vigilanza che, nel primo caso, avrebbe ben adempiuto al proprio compito verificando l’esistenza del DVR e lo svolgimento di attività di formazione; nel secondo caso, invece, l’OdV avrebbe dovuto verificare nel merito il contenuto del DVR e il contenuto della formazione somministrata ai dipendenti.

Tale seconda ipotesi non solo non convince ma è contraria ad avviso di chi scrive alle finalità del Modello e anco prima alle previsioni del D.Lgs. 231/2001: non sembra verosimile far gravare sul Modello 231 e sull’OdV un così gravoso onere.

Si spera che in futuro la Suprema Corte faccia maggior chiarezza su tali aspetti in quanto la sentenza in commento lascia aperti troppi e rilevanti dubbi interpretativi.